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One shot, one kill. Un colpo, un morto. Ergo, a colpo sicuro.
È questa l’espressione giusta per definire la strategia adottata da Netflix in realtà da diverso tempo, ma che si palesa soprattutto nel corso della stagione estiva, quando le giornate si allungano ma il nostro tempo da dedicare allo streaming si riduce, così come la qualità dei contenuti. Di fatto, si leggono sempre più commenti negativi sotto i post della pagina ufficiale, volti a sponsorizzare le ultime aggiunte; commenti riguardanti tutti un palese abbassamento di livello delle produzioni originali.
Ma che significa “a colpo sicuro”? Che Netflix non osa; ci accontenta. Tutto diventa mero fan service. Nel caso di Netflix Italia, ciò dipende dalle necessità di un pubblico sempre più giovane e, forse, meno esigente da un punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto da un budget notevolmente ridotto rispetto a quello di cui predispongono altri Paesi. Non è un segreto che, nel corso dello scorso anno, ci sia stato un notevole calo degli abbonamenti e, nonostante il lockdown abbia portato con sé più di 16 milioni di nuovi abbonati, si teme che l’estate – così come d’altronde è avvenuto gli scorsi anni – spinga molti a disdire.
Eppure, non credo si tratti solamente di questo. Mancano le idee? Probabile, motivo per il quale si producono reboot scadenti di prodotti già di per sé scadenti – vedi Summertime, ispirata liberamente al romanzo rosa Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia. Avevamo davvero bisogno del solito dramma adolescenziale, trito e ritrito, di cui avremmo già fatto a meno nel 2004, anno in cui, nella sua trasposizione cinematografica, Riccardo Scamarcio ci ha deliziati col suo savoir-faire nei panni dell’enigmatico ed affascinante Step?
Pur discostandosene parecchio, in realtà, a livello di trama, comunque Summertime non si allontana troppo dallo schema “ragazzo ribelle si innamora di ragazza sfigata ed è ovviamente ricambiato” a cui Moccia ci aveva già ampiamente abituati, dunque fin dai primi minuti del primo episodio si sa già dove si andrà a parare. Da attenzionare è anche la colonna sonora, composta prevalentemente dai singoli più commerciali ed attuali della scena indie e trap italiana contemporanea – anche in questo caso, dunque, si decide di andare sul sicuro, adattandosi a quelli che si dà quasi per scontato siano i probabili gusti musicali del principale target a cui la serie si rivolge. Inutile dirlo: così come ogni teen drama che si rispetti, è stato rinnovato anche per una seconda stagione.
Per non parlare poi di Sotto il sole di Riccione, che rivanga la vecchia hit di un rottamato Tommaso Paradiso il cui ruolo all’interno del film è circoscritto – deo gratias – ad un cameo della durata di tre minuti in cui canta la sua Riccione, nonostante le sue canzoni di vecchia data ci accompagnino durante tutto il film. Basato su un soggetto di Enrico Vanzina, coautore insieme al fratello di Sapore di mare, fortunata commedia all’italiana dell’’83, ne rappresenterebbe dunque un omaggio, ma non esattamente ben riuscito. Niente di troppo diverso dalle fiction italiane che la Rai ci profila già dai secoli. È talmente imbarazzante da farmi rimpiangere i tempi di Amore 14, e non credo ci sia da aggiungere altro.
Bisogna, però, spezzare una lancia a favore di Netflix Italia: c’è chi fa di peggio. Basti pensare a Netflix Spagna, di cui recentemente si è parlato talmente tanto che non sarebbe neanche necessario riportare degli esempi. Il filone delle telenovelas, perché fondamentalmente di quello si tratta, arricchito da qualche elemento thriller sparso qua e là ed affidato ad attori di bell’aspetto ma dalle opinabili capacità attoriali, va forte; eccome se va forte, se si pensa che, fino a poco tempo fa, avremmo attribuito la dipendenza da telenovelas ad un pubblico pressocché in età senile, mentre noi oggi facciamo lo stesso appassionandoci agli intrecci de La casa di carta e simili.
Comunque, c’è chi difende a spada tratta le produzioni di questo genere, sostenendo con orgoglio la tesi secondo cui guardare la TV debba essere un momento di puro relax, e che quindi non vada né cercato né preteso altro che puro intrattenimento. Dunque, che importa se ci sono buchi di trama o se i personaggi non sono ben caratterizzati, “voglio solo spaparanzarmi sul divano e non pensare a niente”. Come se un prodotto non possa essere leggero ma comunque qualitativamente decente. A tal proposito, mi sento in dovere di consigliarvi una serie TV che ho guardato in quest’ultimo periodo: Jane the virgin, una comedy leggerissima ed a tratti demenziale che nasce come telenovela made in the USA e non pretende di essere altro, motivo per il quale è stata così apprezzata dal pubblico. Non si tratta di una produzione Netflix, ma tutte e cinque le stagioni di cui si compone sono presenti sul catalogo.
Dunque, nell’attesa che Netflix sforni nuove perle e nella speranza di non ritrovarmi costretta a disdire un servizio di cui sono fedele abbonata da ormai quattro anni, ne approfitto per fare qualche rewatch.
E tu, cosa ne pensi della nuova strategia di Netflix? Pensi che ci sia qualche serie valida tra quelle recentemente aggiunte? Su cosa potrebbe migliorare? Lascia un commento!